Visualizzazione post con etichetta computer. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta computer. Mostra tutti i post

lunedì 9 agosto 2010

Il computer

Nella nostra frenetica civiltà occidentale, l'informazione riveste un'importanza strategica.
L'informazione è stata certamente importante anche in altre epoche storiche, contribuendo a determinare i rapporti di potere, ma mai come oggi la quantità e la velocità di diffusione delle informazioni hanno raggiunto questi livelli.
Uno dei protagonisti di questo cambiamento epocale è il computer.
Grazie all'affermazione, nei primi anni Ottanta, per merito dell'IBM, del personal computer, la luce azzurrina dei monitor ha invaso pressoché ogni ambiente abitato dall'uomo.
Ai fini della diffusione e dell'elaborazione della conoscenza e delle informazioni soltanto l'invenzione della scrittura, prima, e della stampa, poi, hanno avuto nei secoli precedenti un impatto superiore.

Il computer ha letteralmente rivoluzionato le nostre vite. Il tempo che vi trascorriamo davanti sta ampiamente superando, per molti di noi, il tempo trascorso davanti a uno schermo televisivo, fino a qualche anno fa ancora così seducente.

Il computer non è soltanto utile, è divertente. Viene pienamente incontro alle nostre necessità ludiche, ci consente di sfidare in giochi avvincenti familiari e amici.
Con lo sviluppo di Internet, tramite il computer abbiamo scambi interpersonali sempre più veloci e flessibili, con un recupero rassicurante e affascinante della parola scritta, della scrittura, che alcuni apocalittici volevano irrimediabilmente negletta.
La Rete mette poi a disposizione di tutti, almeno di tutti gli abitanti dei paesi cosiddetti sviluppati, banche dati un tempo inaccessibili se non a una ristretta elite; favorisce la ricerca scientifica; contribuisce alla democratizzazione della nostra società, in quanto tutti hanno la possibilità di esprimersi in mille modi: chat, newsgroup, forum, siti personali, weblog, accesso spesso gratuito a giornali e riviste di ogni genere, posta elettronica, community di ogni tipo.
Cittadini e istituzioni sono più vicini, gli scambi più frequenti; il rapporto sta lentamente diventando bidirezionale.
Rispetto alla televisione, il computer permette una cittadinanza attiva, ci rende protagonisti, in grado di modificare significativamente l'ambiente con cui entriamo in relazione.

L'impatto del computer sul mondo economico, della produzione, è stato formidabile. Lo si usa, con profitto, nelle banche, negli ospedali, nelle fabbriche, nei complessi commerciali. La "new economy" non è ancora decollata, ma il calcolatore ha intanto modificato le nostre abitudini lavorative. Difficilmente chi oggi lavora, in qualsiasi ambito e a qualsiasi livello dell'organigramma, anche il più basso, può permettersi di evitare l'interazione col computer. Il ronzio dei processori è più diffuso ormai del rumore delle presse.

Nella scuola stessa, dopo l'avvento del computer, ferve il dibattito su come cambiare l'educazione scolastica in seguito alla rivoluzione informatica.
Cd-rom multimediali, ipertesti, persino videogiochi, stanno modificando il modo di apprendere di milioni di ragazzi.
E di certo, il computer sta modificando il nostro modo stesso di pensare. E la nostra velocità e capacità di rispondere agli stimoli, a più stimoli diversi. I neurofisiologi saprebbero dimostrarci come alcune aree del cervello si stanno progressivamente modificando, in seguito alle nuove stimolazioni.
Il computer inoltre ha probabilmente portato all'estremo alcuni sviluppi del razionalismo occidentale. Col computer la matematica è come scesa fra noi, nella realtà concreta della nostra vita, come non mai.
E non è un caso se, dopo l'abaco greco, le prime macchine calcolatrici sono state messe a punto da filosofi-scienziati come Pascal e Leibniz.

Non nascondo il mio entusiasmo futurista per il calcolatore. Forse eccessivamente unilaterale. Sarebbe senz'altro un atteggiamento più saggio e prudente quello di difendersi un po' da questa "hybris" del computer. Stimare maggiormente i pericoli della rivoluzione informatica. I cultori delle cosiddette scienze umane già paventano l'avvento di uomini dimidiati, tutti raziocinio e con la parte emotiva rimossa, atrofizzata, e quindi pericolosa. Paventano alienazioni, solitudini, perdite di contatto con la realtà, dipendenze, schizofrenie, ossessioni.

Difficilmente l'uomo del futuro potrà affidarsi soltanto alla razionalità. Già adesso i software denominati "sistemi esperti" si sono rivelati non in grado di risolvere problemi complessi, di prendere decisioni efficaci, che esulino da un ristretto campo specialistico.
In molti settori, in molte discipline, l'uomo deve rinforzare, semmai, il pensiero narrativo, ancora così importante per dare un senso alla nostra umana esistenza e per padroneggiare la realtà nella sua totalità.
E poi una razionalità algida, priva di emozioni, non è certo il futuro felice, che tutti ci auguriamo.