Visualizzazione post con etichetta trapianti d'organo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta trapianti d'organo. Mostra tutti i post

lunedì 9 agosto 2010

I trapianti d'organo

Il cammino della medicina negli ultimi cinquant'anni ha subito un'accelerazione tale per cui molti sogni coltivati dall'uomo nei secoli passati si sono tradotti in realtà.
Tra questi la possibilità di eseguire trapianti di organo da un donatore a un ricevente.

Oggi rene, polmone, cuore, pancreas, fegato possono essere trapiantati con successo, consentendo a molti malati di prolungare la propria esistenza in modo soddisfacente.

Ciò è stato reso possibile grazie ai progressi congiunti compiuti in numerose discipline: la rianimazione, l'immunologia, la farmacologia e la chirurgia.

Le conquiste della medicina tecnologica, se da un lato ci rallegrano e ci danno speranza, dall'altro aprono problemi nuovi.

Il trapianto è un intervento salvavita per migliaia di persone la cui malattia ha raggiunto uno stadio ormai terminale. Rappresenta una speranza concreta per chi soffre, ma anche un gesto di generosità, di solidarietà, di altruismo da parte del donatore e dei suoi familiari, nonché la possibilità di perpetuare, attraverso l'organo donato, la propria vita oltre la morte.

I dilemmi aperti rimangono però tanti.

Un tempo la morte rappresentava un evento netto, definitivo, coincideva con la cessazione del respiro e, in epoche più recenti, con l'arresto del cuore.

Le nuove tecniche rianimatorie hanno spostato il concetto di morte a un altro organo: il cervello, o più propriamente l'encefalo. La morte cerebrale, l'elettroencefalogramma piatto, l'assenza dei riflessi del tronco cerebrale sono oggi i criteri impiegati per accertare la morte di una persona.

Una persona, che solo convenzionalmente possiamo definire cadavere, nell'accezione tradizionale del termine. Qui manca il classico rigor mortis, anzi il cuore batte ancora, i polmoni respirano grazie a una macchina, il sangue circola nutrendo le cellule.

E infatti soltanto su un cadavere con cuore battente è possibile eseguire il prelievo di organi per il trapianto, che necessita tecnicamente di tessuti ben irrorati e funzionanti.

Al di là degli inquietanti calcoli e commerci criminali, legati al traffico di organi, di cui la stampa ha denunciato a più riprese l'esistenza, sono concetti, quelli introdotti dalla medicina contemporanea, troppo recenti perché l'uomo della strada non reagisca istintivamente con angoscia e sgomento.

Sovente la decisione di donare gli organi deve essere presa nel momento del massimo dolore, causato dalla perdita, spesso improvvisa, di un familiare a cui si era legati da profondi vincoli d'affetto. Per giunta, si deve decidere in un ambiente asettico, come le moderne rianimazioni, illuminato da luci artificiali, circondati dal rumore monotono e snervante di macchine che tengono il più delle volte in vita persone in condizioni critiche.

Proprio per questi motivi la medicina contemporanea ha la pressante esigenza di umanizzarsi, di rispondere ai bisogni umani di aiuto, di sostegno psicologico, di amore, di elaborazione del lutto che non si possono soddisfare abitando rigidamente il regno della tecnica.

Io credo che i trapianti siano una grande conquista dell'umanità, ma nello stesso tempo ritengo che i medici e gli altri tecnici della salute debbano, come molti già fortunatamente fanno, mantenere il cuore e la mente aperti al dubbio, alla riflessione etica, all'ascolto, alla possibilità di cambiare opinione e comportamenti alla luce di nuove scoperte e soprattutto nel rispetto dei convincimenti di chi soffre.

L'avanzamento tecnologico deve procedere di pari passo con l'avanzamento culturale e soprattutto morale. Il mito di Prometeo, per quanto eroico e affascinante sia, non può costituire l'unico modello cui ispirare i nostri comportamenti.

Quando si parla dell'esistenza delle persone, le cifre e i facili trionfalismi non esauriscono le questioni: il dibattito sulla vita e sulla morte è lungi dall'essersi concluso.